Concorso per l’Ospedale di Bolzano
Non sono molti i tipi architettonici dell’edilizia moderna che non abbiamo ancora trovato, nell’ultimo ventennio, le definizioni ed espressioni più consone ai tempi: ma fra questi stanno, certo, gli edifici ospedalieri.
Infatti, la tecnica sanitaria e l’organizzazione ospedaliera, che avrebbero dovuto suggerire subito forme adatte ed appropriati organismi architettonici, sono invece arrivate in ritardo, dopo lunghe ricerche e quasi dopo che ormai, in certo senso, le forme architettoniche e distributive si erano quasi cristallizzate nei noti tipi ottocenteschi.
Ed e’ solo recente questo intervento della tecnica medica e del relativo spirito ospedaliero nella distribuzione, nella attrezzatura, nelle forme, in una parola, nell’architettura dell’ospedale.
Perfino la ricerca fondamentale del tipo della forma organica e’ ancora largamente aperta, e molto si discute (sopratutto nei riguardi degli ospedali di media grandezza) sui vantaggi della distribuzione in altezza in confronto di quella in superficie a padiglioni.
Ricerca questa assolutamente fondamentale e decisiva proprio agli effetti funzionali (tecnici ed economici) dell’istituzione ospedaliera: la quale di giorno in giorno diventa sempre più importante ed esigente.
L’ospedale difatti va perdendo anche in Italia quella triste aureola che in passati secoli lo faceva vedere come un disperato ricovero per i degenti delle classi più povere: ed acquista invece quella più rassicurante dell’unico luogo di risanamento nel quale sia possibile curare il malato nel suo più adatto e perfetto ambiente.
I costosissimi impianti diventano così sempre più complessi ed importanti, ed i servizi sempre più vasti ed onerosi: necessario perciò più che mai che la struttura e la distribuzione siano tese ad economizzare e a semplificare spazi e volumi, sia agli effetti del costo dell’impianto e della gestione, sia agli effetti della comodità e rapidità del funzionamento dei servizi.
In questa ricerca di una forma funzionale moderna si sta appunto compiendo una sintesi nuova di quanto la tecnica sanitaria ha analizzata fino ad oggi.
Ieri si e’ studiato e precisato che cosa e quanto serva al malato: oggi si sta concludendo come deve essere distribuito e come deve funzionare il moderno ospedale.
E qui tra la distribuzione tipica a padiglioni e quella più moderna (potremmo dire americana) dell’edificio a blocco unico, non v’e’ dubbio che e’ proprio quest’ultima che, oltre per i piccoli organismo ospedalieri, si va affermando anche per quelli di media grandezza.
I recenti concorsi per l’Ospedale di Viterbo e di Modena lo confermano e lo conferma anche quello più recente per l’Ospedale di Bolzano.
Qui il programma di concorso chiedeva lo studio di un centro ospedaliero completo: circa 900 posti letto fra degenti e personale, tutte le specialità mediche e chirurgiche, ospedale sanatoriale, ospedale per le malattie infettive.
Qualcuno dei nove concorrenti ha tentato il tipo a padiglione; ma la maggior parte ha svolto il progetto o su schemi intermedi, o addirittura sullo schema compatto della costruzione a blocco unico.
E quest’ultimo tipo ha finito per prevalere portando al primo posto il progetto redatto dall’arch. Ettore Rossi (motto): “Se indietreggio, uccidetemi”, il quale ha assegnato due distinti edifici all’Ospedale Sanatoriale e a quello per le malattie infettive, concentrando invece in un edificio unico di sette piani tutte le specialità mediche e chirurgiche.
Lo schema planimetrico dell’edificio e’ impostato su di una forma a doppi T, con braccia disuguali, con le due braccia principali a leggera curva, esposte verso Sud, contenenti le sale di degenza, e le due braccia minori contenenti in generale gli Istituti ed i servizi di cura.
Questa forma planimetrica molto moderna e tipica non ha mai ricevuto ancora in Italia una formulazione precisa e serrata come in questo progetto dell’arch. Ettore Rossi.
L’ospedale e’ diviso in tre zone, chiaramente individuabili: zona di degenza, zona di ricerca e cura, servizi.
I servizi sono distribuiti di massima al pianterreno e ciascuno servizio specifico fa nucleo a sé con traffici propri e indipendenti.
Ogni piano possiede un nucleo di servizio generale, disposto in posizione centrale rispetto alla zona servita, ma ben distinto tanto che il traffico dei servizi generali si svolge internamente al corpo, restando connesso con il corridoio di degenza attraverso un’unica porta.
La zona di degenza, che, come si disse, occupa il corpo frontale a SUD, e’ accuratamente distinta dal reparto curativo e quindi assolutamente tranquilla e indisturbata, mentre molto bene ad essa risulta collegata da percorsi comodi e brevi.
La zona di ricerca e di cura dispone i vari reparti in tanti piano sovrastanti, con i relativi servizi disposti a colonna. Disposizione questa che permette l’indipendenza dei vari Istituti, giova ad una comoda ripetizione in serie dei servizi, creando così delle colonne destinate agli uomini, alle donne, alle sale operatorie, ai laboratori, ecc...
Questa distribuzione così serrata e compatta permette da sola la realizzazione di una notevole economia di impianto ed un’ancora più grande economia di gestione.
Consente inoltre la facile ed immediata comprensione del funzionamento dell’istituzione, nella quale tutti i più vari settori si sentono ben classificati e legati all’insieme: ne scaturisce quindi la formazione di quella psicologia ospedaliera così indispensabile alla disciplina e al buon andamento del delicato lavoro.
E anche se ne avvantaggia il complesso architettonico, il quale trae la sua vesta formale dalla sostanza della struttura dell’organismo che ne viene rivelata, amplificata, quasi diremmo esaltata, con molta semplicità e schiettezza.
Il secondo premio e’ stato assegnato al progetto (motto “Humanitas”) redatto dai romani arch. E.Luzzato, ing. F. Muratorio, ing. F. Romoli, i quali a loro volta hanno svolto il loro tema su di una distribuzione intermedia fra il tipo a monoblocco e a padiglioni.
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