1959 - Ospedali della Provincia di Modena


1959 - Ospedali della Provincia di Modena

Un viaggio con la Dottoressa MARIA BERTOLANI DEL RIO attraverso gli Ospedali della Provincia di Modena nell’anno 1959
Estratto da ATTI e MEMORIE della stessa

Nell’anno del Signore 1959 mi sarebbe piacuto accompagnare la Dott.ssa Maria Bertolani Del Rio nel suo peregrinare fra gli Ospedali della Provincia; allora avevo solo due anni e quella esperienza mi avrebbe senz'altro stimolato. 
Prima o poi sarei tornato, si torna sempre sul luogo di un’esperienza vissuta, con risorse e ricordi nuovi.
E ricordo in particolare tutto quanto la Dottoressa raccontava mentre si applicava al suo preferito hobby, l’ars canusina.
Gli Ospedali della Provincia di Modena - ella diceva - continuano un'antica gloriosa tradizione locale - che può risalire a tempi anche molto lontani - oppure sono di istituzione più o meno recente.
Visitandoli con lei nel 1959 ho notato ovunque fervore di rinnovamento per raggiungere una migliore organizzazione e una più accurata attrezzatura dei vari reparti.
Descriverò gli Ospedali secondo l'ordine alfabetico e non terrò conto della distinzione fra ospedali e infermerie, perché - storicamente e praticamente - il nome «ospedale» viene attribuito a tutte le istituzioni che hanno avuto e che hanno lo scopo di soccorrere i sofferenti.

Maria Bertolani Del Rio (nata nel 1892 e morta nel 1978 a Reggio Emilia) nasce in una famiglia dalla tradizione medica: il padre, Pietro, fu primario di chirurgia all'Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia; il fratello, medico chirurgo, morirà in Somalia durante la seconda guerra mondiale. Studia medicina e chirurgia a Genova con Enrico Morselli e Edoardo Maragliano.
Per svolgere le «osservazioni clinico e pratiche» su cui elabora la sua tesi inizia a lavorare al San Lazzaro, ospedale psichiatrico di Reggio Emilia: vi rimarrà fino agli anni Quaranta, partecipando attivamente anche alla rivista legata all'istituto, la «Rivista sperimentale di freniatria», con numerosi saggi originali e recensioni che ne attestano la preparazione teorica e la padronanza delle lingue straniere.
Il primo contributo su tale rivista è del 1916, Le malattie mentali nella donna in rapporto alla guerra, basato sull'osservazione dei ricoveri delle donne nei manicomi. Dopo pochi anni sposa il neuropsichiatra e collega Aldo Bertolani, che succederà a Giuseppe Guicciardi nella direzione del San Lazzaro nel 1929.
Nel 1921 Guicciardi, guardando alle esperienze bolognesi dell'amico e collega Giulio Cesare Ferrari e a quelle romane di Maria Montessori e Giuseppe Montesano, fonda la Colonia-scuola Antonio Marro per bambini «frenastenici e idioti», dove, nelle parole dello stesso Guicciardi in un articolo uscito due anni dopo sulla «Rivista sperimentale di freniatria», «trattamento morale, lavoro mentale e lavoro manuale, accogliendo gli aurei precetti dati dal Séguin, debbono essere i mezzi per il conseguimento del fine, quando siano posti nelle mani di un educatore che meriti quel nome» [Guicciardi, 1923, p. 151].
Guicciardi affida alla giovane dottoressa l'incarico di medico sovraintendente: Maria Bertolani Del Rio se ne prenderà cura fino al suo collocamento a riposo nel 1952.
I lavori scientifici pubblicati in questi anni spaziano dalla neuroendocrinologia alla neurobiologia, con un particolare interesse alle disfunzioni tiroidee legato alla sua attività coi frenastenici nella Colonia-scuola.
La dottoressa visita inoltre istituzioni manicomiali straniere e ne scrive sulla «Rivista sperimentale di freniatria», come nell'articolo sulla colonia per bambini deficienti di Gheel (Belgio) del 1925 e in quello sui manicomi in Turchia, Grecia, Palestina ed Egitto del 1934.
All'inizio degli anni '30 introduce nel suo lavoro con i «fanciulli deficenti intellettuali e morali, educabili con speciali metodi e in tempo non determinato» la tecnica di recupero di «pedagogia emendativa» che verrà definita ars canusina [Del Rio Bertolani, 1931, p. 648].
Ispirata ai principi dell'ergoterapia, questa tecnica deve il suo nome alla celebre Matilde di Canossa, cui la Bertolani Del Rio continuerà a dedicare studi storici appassionati per tutta la sua carriera: si basa sull'attività di riproduzione, su stoffa, ceramica, carta di pergamena e ferro battuto, da parte degli allievi della Colonia-scuola, di motivi ornamentali ricavati dai resti di monumenti, codici e dipinti del periodo matildico.
I modelli erano stati creati su incarico della dottoressa dal pittore Giuseppe Baroni, titolare dell'insegnamento di disegno nella Colonia-scuola fino al 1943, e riprodotti in una prima fase con l'aiuto di una degente, Zaira, valente ricamatrice, e della maestra di ricamo Nora Martinelli (che verrà tra le poche donne medico che esercitarono una lunga carriera in manicomio, Maria Bertolani Del Rio ha legato il suo nome all’ars canusina, che vede oggi una ripresa commerciale, così come al suo lavoro storico sui castelli reggiani, gli studi "matildici" e gli studi di storia ospedaliera.
La ricognizione sugli ospedali Modenesi, in attesa del nuovo Polilcinico, e’ un suo lavoro della fine degli anni ’50.

1^ tappa – CARPI Ospedale «Bernardino Ramazzini»

All'inizio del secolo XIV Carpi possedeva l'Ospedale di S. Maria della Misericordia o dei “Battuti" fondato dalla Confraternita dello stesso nome, destinato ad accogliere infermi ed esposti e ad ospitare pellegrini.
Dopo avere attraversato nel XVI secolo vicende economiche poco liete, l'Ospedale di S. Maria risorse nel XVII secolo limitandosi però alla sola cura degli esposti e dei bastardini.
Verso la fine del XVI secolo sorse l'Ospedale di S. Rocco presso la Chiesa omonima.
Nel 1526, mentre infieriva la peste, si era costituita in Carpi la Confraternita di S. Rocco, che aveva costruito la Chiesa, consacrata nel 1531, poi, nel 1587, L'Ospedale che ebbe anche l'aiuto di mezzi dovuti alla munificenza di Carpigiani che testarono a suo favore.
La storia dell'Ospedale di S. Rocco, dalle origini sino al XVIII secolo, è stata tracciata da ALFONSO PRANDI (1), che ne ha dato un accurato resoconto statutario, amministrativo, disciplinare e sanitario.
Sarebbe lungo e superfluo accennare a tutte le modificazioni edilizie che resero man mano l'Ospedale più confacente alle sue necessità. Notevolissimi lavori ed ampliamenti furono eseguiti nel 1765, ma si può dire che solo dopo un altro secolo - nel 1868-69 - l'Ospedale abbia avuto un assetto definitivo in base ad un piano organico dell’Ing. Achille Sammarini, (1827-1899) che diresse l'esecuzione delle opere di radicale restauro e sistemazione.
Il Municipio di Carpi concorse largamente nelle ingenti spese all'uopo sostenute.
L’Ing. Achille Sammarini, (1827-1899) “un ... architetto a Carpi” realizzò molte opere a Carpi, fra cui il Teatro Comunale di Carpi, e Palazzo Foresti, ora Severi, costruito nel 1892 su progetto dell’ingegnere Achille Sammarini per Pietro Foresti, industriale del truciolo e collezionista d’arte, che vi collocò la sua pregevole raccolta. La facciata è in mattoni stuccati e presenta due balconi con bifore ornati da elaborate terrecotte di stile rinascimentale. All'interno affreschi ottocenteschi di Lelio Rossi, Carlo Grossi, Andrea Becchi e Fermo Forti.
Palazzo del vecchio ospedale, la costruzione dell'"Ospedale degli infermi" fu iniziata dalla confraternita di S. Rocco nel 1585, ma fu completata nel 1869 da Achille Sammarini, con l'alto porticato a quattro pilastri e la scalinata di facciata.
In seguito all'edificazione di un nuovo ospedale, il vecchio edificio fu adibito a sede dell'Opera Pia, poi a scuola. Ospita ora la Casa di riposo per anziani "Tenente Marchi".
Verso la fine del 1922 veniva deliberato il trasferimento dell’Ospedale nei due padiglioni di nuova costruzione fuori Porta Mantova, di proprietà comunale: padiglioni che passarono in proprietà dell'O. P. Infermi contro cessione al Comune del fabbricato ex Monte Pegni che l'Opera Pia possedeva in via XX Settembre.
L'attuale Ospedale è quindi il diretto successore dell'Ospedale di S. Rocco e di tutti i suoi beni.
Sorge alla periferia della bella cittadina. L'Amministrazione ha avuto l'accortezza di lasciargli intorno una larga zona per l'eventualità di un futuro ingrandimento.
L'Ospedale è intitolato, dal 1923, al nome di BERNARDINO RAMAZZINI (1633 - 1714), nato a Carpi, professore nelle Università di Modena e di Padova, illustre clinico e fondatore della Medicina del Lavoro.
Una lapide, scoperta nel Dicembre 1957, ricorda il Prof, CARLO TOSATTI, primo Direttore e chirurgo primario di questo Ospedale.
Il Tosatti, dal 1922, per 22 anni, vi ha profuso la sua attività animatrice, favorendone la rapida ascesa.
Infatti, in breve volger di tempo, l'Ospedale ha raggiunto uno sviluppo e un’attrezzatura veramente ragguardevoli. Ne va data ampia lode ai successori del Tosatti ed anche agli Amministratori, oculati e previdenti.
I reparti che accolgono gli ammalati sono luminosi e razionali; le sale operatorie possiedono requisiti per un'ottima funzionalità: è stato istituito il servizio per le varie specialità; un particolare sviluppo ha assunto il reparto di radiologia.
Esistono sale per le terapie ambulatorie e per le ricerche cliniche. Accuratissimi i servizi generali, a cui affluiscono i prodotti delle terre di proprietà dell'Opera Pia.
L'Ospedale ha agganciato a sé l'I.N.A.M. coi propri uffici: così tutte le pratiche burocratiche vengono snellite e facilitate, con grande vantaggio dei mutuati, che possono accedere agli ambulatori specializzati ed eventualmente ai reparti ospedalieri.
La progressione edilizia ha raggiunto nel 1957 una fase notevole ed ha permesso di dare all'Ospedale un orientamento originale e moderno.
E' stato costruito, come appendice dell'Ospedale, in due reparti simmetrici (uno per uomini e uno per donne) un «Ricovero», che deve essere considerato un reparto geriatrico, poiché i suoi ospiti hanno la visita giornaliera dei sanitari dell'Ospedale e usufruiscono di tutti' gli altri servizi.
Oltre alle infermerie, i dormitori e i refettori, vi sono due ampie sale di soggiorno che si affacciano su uno spiazzo alberato che rallegra i ricoverati e li accoglie per la passeggiata. Le sale sono provviste di televisione. Carpi, col suo nuovo Ospedale, non poteva meglio onorare il grande Ramazzini e continuarne le umanitarie attività.

(1) PRANDI Alfonso. - L'Ospedale di S. Rocco o degli infermi in Carpi dalle origini al secolo XVIII - « Atti Primo Congresso Italiano di Storia Ospitaliera”. - Soc. Ed. Age, Reggio Emilia, 1957.

2’ tappa - CASTELFRANCO EMILIA - Ospedale Civile

Un Ospizio in Castelfranco Emilia è menzionato ai tempi del Vescovo Matteo Pio in varie carte dell'Archivio Capitolare degli anni 1270-72-73-74. Così scrive il TIRABOSCHI (2).
Dallo Statuto Organico della Congregazione di Carità di Castelfranco del 1882 risulta che in Castelfranco esisteva l'Ospedale di Santa Croce, di oscura e lontana origine. Secondo «Memorie d'ufficio») la sua istituzione risaliva al 1200 circa. Scopo di questo Ospedale sino al 1798 fu di soccorrere i poveri del paese e di alloggiare i pellegrini.
Nel 1886 la Congregazione di Carità fondò un Ricovero-Ospedale, che - data la sua poco felice ubicazione - venne trasferito, alla fine del 1923, nell'attuale sede, opportunamente scelta alla periferia dell’abitato, in un'ampia zona verde.
L'Ospedale fu solennemente inaugurato da Vittorio Emanuele III nel 1925 e nello stesso mese venne visitato dalla Regina Margherita, da cui prese il nome che conservò sino al 1945.
Due lapidi all'ingresso dell'Ospedale ricordano questi avvenimenti ed altre due lapidi portano scolpiti i nomi dei numerosi e generosi benefattori dal 1880 in poi.
Dietro al grande edificio centrale che ospita i reparti di medicina e chirurgia, per uomini e per donne, vi sono due edifici per cronici ed inabili d'ambo i sessi.
L'Ospedale va continuamente migliorando l'attrezzatura. La sua Amministrazione ha in programma notevoli trasformazioni edilizie.

(2) TlRABOSCHI GEROLAMO - Dizionario Topografico-Storico degli Stati Estensi - Modena, presso la Tipografia Camerale, MDCCCXXIV. Tomo I, pago 175.


3^ tappa - CONCORDIA SULLA SECCHIA - Ospedale Civile “Giuseppe Negrelli”

La storia di questo Ospedale è recente. La sua origine ci viene indicata dall'articolo 10 del suo Regolamento che dice: «L'Ospedale «Giuseppe Negrelli» fu istituito coi beni legati alla Congregazione di Carità, per testamento, dal pio Donatore da cui prende il nome, e la cui accettazione fu autorizzata con decreto prefettizio 16 luglio 1914 ».
L'Ospedale e’ in funzione dal 1950, ma l'attività che già svolge e le iniziative che la Direzione e l'Amministrazione annunciano, lasciano sperare in un avvenire ricco di notevoli progressi.
Annesso all'Ospedale è il Ricovero che usufruisce di tutti i servizi ospedalieri.


4^ Tappa – FANANO Ospedale di San Giuseppe

Fanano ha il privilegio di avere una tradizione ospitaliera che risale all'Alto Medio Evo.
Tale privilegio gli viene dalla posizione che, in lontani tempi, aveva una notevole importanza, trovandosi fra l'Emilia e la Toscana.
Nel 749 S. Anselmo, già Duca del Friuli, vestito l'abito di S. Benedetto, andò a stabilirsi con alcuni monaci a Fanano, terra avuta in dono dal cognato Astolfo, Re dei Longobardi (3).
Scrive il TIRABOSCHI (4) che essendo il S. Abate acceso di ardentissima carità verso i poveri e i pellegrini, fondò non pochi ospedali e ospizi e li arricchì di beni ... . A Fanano S. Anselmo costruì « il suo primo monastero insieme con uno Spedale» (5).
Il MAESTRI (6), nel suo studio sulla Pieve di S. Silvestro di Fanano, afferma che antichi documenti fanno menzione di un ospedale nell'interno di Fanano e di due ospizi nel territorio circostante.
Naturalmente, parlando di ospedali e di ospizi medioevali, occorre inquadrare tali istituzioni nello spirito assistenziale e nelle possibilità tecniche del tempo.
Soltanto all'inizio del XX secolo si può parlare di un Ospedale, nel senso moderno della parola, a Fanano (7).
Nel 1914 sorse in Fanano l'idea di fondare un piccolo Ospedale per gli abitanti del Comune e dei Comuni limitrofi, data la grande distanza dai centri Ospedalieri di Modena e di Bologna.
Alla realizzazione di questa idea diede la sua opera, con generoso slancio e cristiano fervore, Mons. EUGENIO BATTISTINI, che fu Arciprete di Fanano per circa trent'anni.
Egli morì nel 1919 dopo avere dato corpo al suo sogno ospedaliero, che era anche quello delle autorità e del popolo; ed avere compiuto tante altre opere buone.
Nella lapide a lui dedicata, all'ingresso dell'Ospedale, si legge appunto che egli profuse il suo zelo nell'erigere non solo l'Ospedale, ma anche l'attiguo Istituto di S. Giuseppe, casa e scuola di lavoro per bambine e per donne; nel ricostruire chiese e santuari; nel ripristinare con senso d'arte il tempio plebanale.
Mons. Battistini poi, con suo testamento in data Fanano 18 settembre 1918, tolti pochi legati, lasciò l'Ospedale erede universale dei suoi beni.
Pensò anche a crearne il consiglio di Amministrazione che volle costituito da cinque membri: il parroco di Fanano, il parroco più anziano delle sette frazioni, il Vicario di Nonantola, il rappresentante del Comune e il Presidente della Congregazione di Carità (ECA).
L'Ospedale sorge in posizione elevata e tranquilla. La costruzione fu iniziata alacremente nel 1914; ma la prima guerra mondiale (1915-1918) ne rallentò i lavori.
Alla morte di Mons. Battistini i lavori di finitura e di attrezzatura restarono in gran parte sospesi. Il nuovo Arciprete Mons. GIOVANNI MONARI, giunto a Fanano nel Settembre 1919, si attenne alle precise disposizioni testamentarie di Mons. Battistini e riprese i lavori, in pieno accordo con autorità e popolo.
Fu soprattutto curato l'arredamento perché l'Ospedale potesse entrare in funzione, e l'Ospedale fu aperto nel 1922 come infermeria di transito e di pronto soccorso, con relativo ambulatorio. Il servizio fu affidato a due medici condotti e alle Suore di Carità. L'Ospedale venne eretto in Ente morale.
L'Ospedale non fece grandi progressi e svolse un'opera limitata sino al 1948, anno della ripresa dell'attività e dell'inizio di uno sviluppo superiore ad ogni previsione. Merito soprattutto del nuovo Direttore sanitario.
Attualmente l'Ospedale di Fanano ospita malati di medicina e di chirurgia.
Ha una camera d’operazione modernamente attrezzata, un reparto di radiologia, un laboratorio per le ricerche cliniche. Vi presta servizio una volta la settimana uno specialista otorinolaringoiatra.
Annessa all'Ospedale è la Casa di riposo, che ha un ingresso a parte, ma che usufruisce di tutti i servizi, assistenziali e generali dell’Ospedale.
L'Ospedale - come attesta una lapide al suo ingresso - ha già avuto benefattori che hanno seguito l'esempio del munifico Fondatore: lo spirito di carità, coadiuvato dalla lodevole attività dell'Amministrazione e dei Sanitari, ha fatto dell'Ospedale di S. Giuseppe un centro benefico dell'alto Frignano.

(3) BERTOLANI DEL RIO MARIA - Ospizi ed Ospedali fondati da Anselmo Santo Abate di Nonantola. - « Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le antiche Provincie modenesi », Serie IX - VoI. V, 1953.
(4) TIRABOSCHI GEROLAMO - Storia dell'augusta Badia di S. Silvestro di Nonantola. In Modena MDCCLXXXIV. Presso la Società Tipografica. Pago 69 e passim.
(5) TIRABOSCHI GEROLAMO - Dizionario Topografico-Storico degli Stati Estensi. - Tomo I, pago 272. Modena, presso la Tipografia Camerale, MDCCCXXIV.
(6) MAESTRI VINCENZO - La Pieve di S. Silvestro di Fanano. Modena, coi Tipi della Società Tipografica, 1897.
(7) Le notizie sull'origine dell'Ospedale mi sono state cortesemente favorite, nell'estate 1957, dall'Arciprete di Fanano Mons, GIOVANNI MONARI, Presidente dell'Ospedale.

5^ Tappa - FINALE EMILIA Ospedale di Santo Spirito

Finale Emilia ha un'antica tradizione ospitaliera.
Lo storico CESARE FRASSONI, che cita un vecchio ospedale esistente già nel 1009 nel Borgo di S. Lorenzo (8), fa risalire all'anno 1295 l'erezione, in uno dei Borghi, di "uno Spedale sotto il titolo di S. Bartolomeo: la quale Istituzione venne allora confirmata da un Giovanni, Vescovo di Modena”.
Questo Ospedale, ancora all'epoca in cui scriveva il Frassoni nella parte prima delle sue “Memorie Istoriche“, cioè nel 1752, «serviva per alloggiarvi i Pellegrini, per ricevervi i fanciulli esposti, colla direzione di altre Opere Pie a soccorso dei Prigionieri, Vergognosi e Mendicanti, sotto la vigilanza dei Confratelli della Morte» (9). L'Ospedale di S. Bartolomeo era però stato rifabbricato nel 1488 (10).
Nel 1435 «Giovanni Brandola, Capitano della Rocca e Massajo del Comune di Massa, ottenne di formare in vicinanza del vecchio Ospitale al S. Bartolomeo un altro Ospizio per buone persone e religiose, di passaggio; la quale istituzione fu poi seguitata dalla Famiglia Barbieri» (Il): e nel 1587 fu quindi pensato all'erezione di un Ospitale a beneficio degli infermi miserabili (12).
Ma occorre arrivare al secolo XVII per poter parlare di Ospedale esclusivamente per infermi a Finale.
Al 1628 risale il testamento di Romeo Romei, che istituì sua erede universale la Confraternita delle Sacre Stimmate « a patto e condizione che detta Confraternita dovesse dispensare tutte le rendite della sua eredità agli infermi che saranno nell'Ospitale da farsi, e non essendovene in detto Ospitale le abbiano da dispensare ai poveri Infermi che si troveranno in tutta la Parrocchia» (13).
Questo testamento documenta anche che Finale sino a quell'epoca non aveva avuto un Ospedale per poveri infermi in esercizio permanente.
I beni dell'eredità Romei furono erroneamente avocati al Demanio dello Stato nel 1798, durante la soppressione delle Corporazioni religiose; ma poi furono ricuperati e le rendite devolute alla somministrazione gratuita dei medicinali agli ammalati poveri non degenti nell'Ospedale.
Alla Confraternita di S. Monica, Finale deve l'istituzione del suo attuale Ospedale. Eccone in breve la storia. Con testamento in data 14 agosto 1645 Ferrari Domenico nominò erede universale del suo ricco patrimonio la Confraternita di S. Monica, che, dopo avere soddisfatto scrupolosamente i legati temporanei, ed avere impostato le somme per i legati perpetui, sì trovò ad avere annui avanzi sempre più prosperosi tanto da poter secondare, nel 1666, i desideri del munifico testatore dando inizio alla fabbrica di una Chiesa da dedicarsi allo Spirito Santo e alla Beata Vergine della Pace, alla quale unire un ospedale per i poveri infermi di Finale.
Chiesa e Ospedale vennero benedetti nel 1688.
L'Ospedale, corredato di tutto l'occorrente, venne subito aperto sotto il titolo dello Spirito Santo.
Nella foto quello che rimane, la bella facciata della chiesa di Santo Spirito
In seguito molti furono i lasciti fatti, da generosi benefattori, all'Ospedale e alla Confraternita di S. Monica, che, nel 1752, deliberò di ingrandire la fabbrica dell'Ospedale per renderlo più capace e più proporzionato all'accresciuta popolazione.
Per la nuova intrapresa l'Ospedale ebbe l'aiuto e l'appoggio ducale, nonché nuove e cospicue donazioni, che permisero di aumentare i letti permanenti.
Soppressa nel 1784 la Confraternita di S. Monica, la sua attività fu aggregata all'Ospedale, che la beneficenza dei Finalesi sempre protesse, come si può rilevare nelle Tavole di Fondazione dell'Ospedale, che portano la data 30 luglio 1877.
Dal 1877 al 1914 l'Ospedale esplicò la sua funzione con limitate possibilità rispetto al progredire della Medicina e della Chirurgia, in ambienti che lasciavano a desiderare dal punto di vista igienico. Vennero fatti progetti per la soluzione del problema ospedaliero, ma non ebbero seguito per l'inizio della prima guerra mondiale.
Durante il periodo bellico che va dal Maggio 1915 al Novembre 1918 l'Ospedale, oltre a sopperire ai bisogni locali, ospitò militari ammalati e feriti.
Soltanto negli anni 1923-24 l'Ospedale subì una radicale trasformazione. Furono sistemati in due piani diversi i reparti di Medicina e di Chirurgia, si attrezzarono modernamente la camera di preparazione e quella di operazione, si impiantò un gabinetto radiologico e lì provvide al riscaldamento centrale.
Anche in questa occasione i cittadini finalesi furono munifici verso il loro Ospedale che, tutto rinnovato, il 1^ gennaio 1925 riprendeva la sua missione umanitaria sotto la guida di un valente chirurgo.
Finale, che ha una tradizione ospitaliera così tenacemente unita ai desideri e ai sentimenti della sua popolazione, avrebbe avuto l’aspirazione di costruire un nuovo ospedale, perché, purtroppo, l'area in cui sorge l'attuale lascia poche possibilità di ingrandimento; ma se questo progetto non potrà avere esecuzione nel prossimo avvenire, ogni possibile miglioramento è in corso nell'attuale edificio.

(*) Debbo alla cortesia del Sindaco di Finale, ANGELO SOLA, appassionato cultore di Storia, preziose informazioni che mi hanno permesso di orientarmi nella storia ospitaliera della sua città.
(8) FRASSONI Ab. CESARE - Memorie del Finale di Lombardia. - In Modena MDCCLXXVIII , presso la Società Tipografica. Pago 12 e passim.
(9) FRASSONI Ab. CESARE - Memorie Istoriche del Finale di Lombardia. Parte Prima. Modena, Francesco Torri, MDCCLII, pago 37 e passim.
(10) FRASSONI Ab, CESARE - Memorie del Finale di Lombardia, pago 59.
(11) FRASSONI Ab, CESARE - Memorie Istoriche del Finale di Lombardia, pago 59.
(12) FRASSONI Ab, CESARE - Memorie Istoriche del Finale di Lombardia, p. 106.
(13) Comune di Finale: Protocollo di Ragioneria N. 1084.

6^ tappa – FORMIGINE - Ospedale Civile (ex Principe di Piemonte)

Il TIRABOSCHI (14) ci fa conoscere che in due carte, una del 1326 e l'altra del 1330, dell'Archivio dell'Opera Pia Generale di Modena è nominato un ospedale col titolo di S. Bartolomeo, in Formigine.
Il VALDRIGHI (15) cita l'Ospedale S. Leonardo, che esisteva fino dal 1188 prope Formiginem.
L'attuale Ospedale è sorto nel 1937 su terreno e casa dell'Opera Pia Castiglioni, istituita da lasciti della famiglia omonima.
L'Ospedale si era appena organizzato quando - durante la seconda guerra mondiale, nel 1944 - subì gravissimi danni da un massiccio bombardamento aereo.
L'Amministrazione fu sollecita a ripristinarlo e nel 1948 l'Ospedale riprese a funzionare. Attualmente è dotato dei reparti di medicina, chirurgia, ostetricia, pediatria.
Attiguo all'Ospedale è l’«Ospizio Castiglioni» per cronici.

(14) TIRABOSCHI GEROLAMO Dizionario Topografico-Storico degli Stati Estensi. Tomo I, pag 307, Modena, presso la Tipografia Camerale, MDCCCXXIV.
(15) VALDRIGHI LUIGI - L'educatore Storico. Tipografia di Carlo Vincenzi, Modena. Pag 350.

7^ Tappa – MIRANDOLA Ospedale «S. Maria Bianca»

Questo Ospedale sorse in Mirandola quando altri due ospedali, dedicati a S. Antonio Abate e retti dagli Ospitalieri di S. Antonio, erano già in attività ai confini dello Stato: uno nella villa di Roncole presso Modena e l'altro, dipendente dal primo, nella villa del Tramuschio sul confine mantovano.
Questi ospedali, di cui si ignora la data di origine, cessarono di funzionare col fiorire dell'Ospedale di S. Maria Bianca, nella seconda metà del XV secolo.
Nel XIV secolo era sorta in Mirandola la Compagnia dei Battuti o della Misericordia, intitolata a «S. Maria Bianca»: così chiamata forse per la bianca veste indossata dagli uomini che ad essa appartenevano e che nelle funzioni procedevano sotto il di lei gonfalone.
Il MOLINARI (16), degli Istituti Pii Mirandolesi scrupoloso storico, ci fornisce le notizie dell'Ospedale, fondato appunto dalla Compagnia sopra detta e al quale fu dato l'appellativo di “ Sacro “.
Come non si ha notizia dell'anno preciso in cui venne eretta la Compagnia, poiché un incendio nel 1473 ne distrusse le più antiche carte, così non conosciamo l'anno in cui la Compagnia fondò presso il suo Oratorio un Ospedale per "raccogliere e mantenere gli esposti, albergare i pellegrini e aver cura dei poveri infermi e dei pazzi”.
Da roghi depositati presso l'Archivio della Congregazione di Carità e presso l'Archivio notarile della Mirandola, si può apprendere che l'Ospedale era già sorto nel 1433 e che nel 1441 era in floride condizioni. per la pingue eredità di Gherardo Padella.
Dal resoconto della visita pastorale, fatta il 13 maggio 1574 da Mons. Eustachio Locatelli, Vescovo di Reggio Emilia - alla cui Diocesi Mirandola fu unita sino al 1821 - si apprende che la Confraternita, ogni anno, doveva eleggere un Padrino e due Massari, che avevano l'incarico di vigilare e curare l'amministrazione dell'Ospedale.
Durante tutto il secolo XVII l'amministrazione del Sacro Ospitale era tenuta da un Padrino, da un Massaro e da otto Consiglieri ed era posta sotto la protezione dei Principi della Mirandola. Il Padrino aveva speciali cure delle cose religiose e il suo nome, li cominciare dal 1695 si vede cambiato in quello di Priore. Il Massaro vigilava specialmente sull'economia del Pio Luogo.
Succeduti ai Pico gli Estensi, un ordine del Duca Rinaldo d'Este nel 1723 cambiava il nome di Massaro in quello di Presidente; venivano anche aggiunti, agli otto, altri due Consiglieri.
Poiché, col procedere degli anni, la Confraternita, per certi abusi, era in sbilancio, per ordine del Magistrato del Buon Governo di Modena, nel 1760 andava in vigore un nuovo piano, per cui l'autorità laica cominciava a intromettersi negli affari della Confraternita.
Istituita nel 1775 la « Congregazione Generale delle Opere Pie Laicali», la Confraternita ne divenne dipendente. Nel 1779 fu soppressa la Presidenza dell'Ospedale di S. Maria Bianca, la cui amministrazione venne affidata alla Congregazione Generale.
Così dopo tre secoli e mezzo la Confraternita di S. Maria Bianca perdette l'amministrazione del Sacro Ospedale, che nel 1808 passò sotto la Congregazione di Carità istituita nel 1807.
I locali dell'Ospedale erano, al loro sorgere, sulla strada allora detta Grande, ora Fenice.
Nel 1764 furono apportate notevoli migliorie, ma poi Ercole III, Duca di Modena, «mosso da riflessi di maggior bene e decoro», nel 1783 concedeva l'antico collegio dei Gesuiti, di recente abbandonato dagli Scolopii, come sede dell'Ospedale, assegnando ad esso i beni della soppressa Confraternita del Rosario, ché era stata istituita nel 1496.
Nel 1785 aveva luogo il trasferimento nel nuovo vasto fabbricato.
Nell'Ospedale della Confraternita dovevano essere ammessi i soli infermi della città. Esso possedeva il reparto per la maternità e gli esposti e l'ospizio per i pellegrini, che vi potevano sostare per tre giorni. Particolarità dell'Ospedale era l'obbligo di accogliere, curare e custodire i pazzi, per i quali erano destinate tre camere, poiché la Confraternita stimava «non essere una tal carità di minor conto delle altre».
Fu sempre costume accogliere nel “manicomio” soltanto i malati psichici del ducato mirandolese.
Negli anni 1844-45-46 l'Ospedale erigeva dalle fondamenta un nuovo “manicomio”, ma questo locale riuscì pressoché inutile, poiché fu poi stabilito d'inviare i malati di mente, a spese della Provincia, al «Frenocomio» di S. Lazzaro presso Reggio Emilia.
Dal 1859 al 1866 l'Ospedale di S. Maria Bianca ha accolto un gran numero di soldati infermi, di stanza o di passaggio.
Verso il 1880 fu costruita, annessa all'Ospedale, una camera mortuaria, necessaria anche per le sezioni anatomiche.
Molti e spesso notevoli furono i lasciti alla Confraternita. L'elenco dei benefattori, fra cui primeggia Gherardo Padella, viene riportato nel libro del MOLINARI.
Lo stemma dell'Ospedale è tuttora quello della Confraternita di S. Maria Bianca ed è rappresentato dalla Madonna che tiene il manto aperto ed accoglie sotto di esso bambini trovatelli.
L'Il Ottobre 1908, presente Guido Baccelli, veniva inaugurato il nuovo Ospedale di S. Maria Bianca.
Costruito dall'Ing. Giulio Marcovigi col sistema dei padiglioni interamente separati ed isolati, l'Ospedale sorge alla periferia dalla città; è circondato da un magnifico parco e possiede un vasto campo che gli può consentire ogni più razionale sviluppo.
Ing. Giulio Marcovigi - Bologna 1870 - 1937 Ingegnere e giornalista, amico di Turati e del sindaco di Bologna Zanardi, dopo la Grande Guerra si specializzò in ingegneria ospedaliera; oltre al Bellaria di Bologna su cui e’ posata una lapide a suo nome, realizzò anche il Niguarda di Milano come progettista e Direttore dei Lavori, il S.Anna di Como, gli Ospedali Riuniti di Parma e di Bergamo, il Policlinico di Bari.
Fra i recenti e generosi donatori va segnalato l'Ing. Pietro Tosatti, a cui si deve il nuovo padiglione di medicina. Il padiglione di chirurgia va trasformandosi ed attrezzandosi in modo moderno. Progetti di rinnovamenti e ingrandimenti sono in corso per i servizi generali ed amministrativi.
Già funzionano egregiamente reparti per la terapia fisica e ambulatori per le varie specialità.
Sull'Ospedale di Mirandola, che rinnova un'antica tradizione di carità, gravitano cinque 'Comuni limitrofi; ma l'Ospedale sa e saprà sempre meglio assolvere i compiti che gli sono 'e gli saranno affidati.

(16) MOLINARI Dott. FRANCESCO - Gli Istituti Pii della Città è dell'antico Ducato della Mirandola. - Mirandola, Tipografia di Gaetano Cagarelli, 1882.

Ospedale Niguarda di Milano - Progetto e Direzione Lavori Ing. Giulio Marcovigi









8^ tappa - PAVULLO NEL FRIGNANO Ospedale Civile

Pavullo, centro del Frignano, ebbe nel Medioevo un Ospedale di S. Lazzaro, per lebbrosi (17). Certamente anche questo ospedale contribuì a combattere il terribile flagello.
Un tentativo di istituire un ospedale in questa cittadina fu fatto da Francesco IV, Duca di Modena, che, con chirografo 27 aprile 1843, ordinò che il delegato governativo del Frignano, quale Podestà di Pavullo, erogando un terzo dei redditi dell'Opera Pia Laurenti a sovvenzione dei poveri, impiegasse gli altri due terzi nella costruzione di un piccolo ospedale (18).
Al Duca non venne sottoposto il richiesto progetto del lavoro.
Nel 1844 - 46 venne costruito un vasto fabbricato con la maggior parte delle rendite dell'Opera Pia e con varie elargizioni fatte dal Duca.
Ma, compiuto l'ospedale, si comprese che le spese occorrenti al suo mantenimento avrebbero assorbito tutti i redditi dell'Opera Pia. (nella stupenda foto tratta dal sito della AUSL di Modena, i lavori a tutto il 1913.
Perciò si venne nella determinazione di vendere alla Camera ducale il fabbricato e il terreno adiacente.
L'attuale Ospedale è sorto nel 1921 - come attesta una lapide posta nell'ingresso - per iniziativa di due benemeriti pavullesi: Teresina Stefani e Carlo Caselgrandi, e con l'aiuto di una sottoscrizione popolare e di un contributo del Comune.
Pochi anni dopo l'erezione dell'Ospedale e attiguo ad esso venne costruito un padiglione per malati infettivi e per tubercolotici.
Successivamente, questo padiglione fu adibito esclusivamente a Sanatorio per l'Infanzia; così che, dopo notevoli lavori di trasformazione e di ampliamento, prese il nome di «Istituto climatico sanatoriale infantile ».
Alla fine della seconda guerra mondiale, nel Febbraio 1945, l'Ospedale venne distrutto da un bombardamento aereo che annientò anche altri notevoli edifici.
Ma Pavullo ricostruì il suo Ospedale nella stessa area in cui era sorto nel 1921: un'area privilegiata, alla periferia della città, in posizione elevata, fra bellissime piante, in gran parte conifere.
Continui miglioramenti vengono apportati all'edificio e all'attrezzatura di questo Ospedale, che ha un invidiabile presente e un luminoso avvenire, perché a Pavullo convergono i malati di una vasta zona dell'Appennino modenese.

(17) BERTOLANI DEL RIO MARIA - L'Ospedale di San Lazzaro in Pavullo nel Frignano, - « Rassegna Frìgnanese », Anno I, N. l, 1956.
(18) VIGNOCCHI FRANCESCO - Instituti di beneficenza e previdenza. - In « Appennino Modenese », Ed. Cappelli, 1895, pago 633 e passim.

9^ Tappa - SAN FELICE SUL PANARO - Ospedale Civile

Lo storico PIETRO COSTA GIANI (19) ci fa sapere che, distrutti gli archivi e dispersi molti importanti documenti di Storia Patria, non è possibile fissare l'origine dei primi «Borghi» in San Felice.
Egli scrive che «uno di questi Borghi esisteva dove trovasi ora la via omonima, alla cui fine in luogo detto Campo eravi un antichissimo ospedale chiamato «Ospedale di S. Maria» in ricordo di una vetusta chiesa, ospedale che fu visitato dal Vescovo di Modena nel 1298.
Quando nel secolo XV fu trasferito in capo d'ella detta strada, quindi vicinissimo al paese, in una casa della famiglia Ganaceti che aveva un Oratorio dedicato a S. Bartolomeo, l'ospedale venne chiamato Ospedale di S. Bartolomeo.
Questo ospedale, già durante l'epidemia del 1630 denominato nei registri parrocchiali «Luogo derelitto », nel XVIII secolo era ridotto ad una sala e serviva di ricovero a qualche povero sprovvisto di abitazione.
Altra notizia riguardante un vecchio ospedale ce la dà il TIRABOSCHI (20), il quale scrive che nel 1298 Giovanni del fu Alberto Dojo e Dolce di lui moglie si presentarono al Vescovo di Modena Jacopo, e gli esposero che nel distretto di S. Felice avevano comprato un pezzo di terra in cui volevano fabbricare uno Spedale e chiedevano perciò il diritto di patronato, che fu loro concesso dal Vescovo, imponendo loro l'annuo canone di un soldo (Codice del Vescovado); e ciò dovette eseguirai, perché nel medesimo Codice, nel novero dei canoni da pagarsi al Vescovado, si legge nominato lo Spedale per un soldo.
Il TIRABOSCHI fa cenno di un altro ospedale presso la Chiesa francescana di S. Bernardino « come mostra un Catasto del 1573».
Nel 1770 l'arciprete Campilanzi, animato dal desiderio di provvedere alla mancanza di un ospedale, alienava a certo Camillo Zeneroli terreno di proprietà dell'Ospedale di S. Bartolomeo, sul quale veniva costruita una casa capace di alloggiare sette-otto persone.
Questa casetta servì per qualche tempo allo scopo.
La Congregazione di Carità, in seguito ai legati fatti nel 1822 da - Giuseppe Gobbi e nel 1824 dal medico Francesco Pedrini, decise nel 1853 di istituire un nuovo ospedale e costruì un apposito locale nel sobborgo della « Chiesa del Mulino », Diverse controversie avvenute per il legato Gobbi non permisero di dar vita all’umanitaria istituzione (COSTA GIANI).
Nel XIX secolo, in frazione S. Giuseppe, esisteva un piccolo ospedale a limitatissima funzione.
L'attuale Ospedale è sorto nel 1902 per la munifica elargizione del Generale medico Domenico Cocchi.
In tale anno, fuori paese, in una limitata zona verde, fu costruito il primo padiglione, che era destinato sia ai malati di medicina che a quelli di chirurgia.
Per il valore e la lodevole attività dei sanitari che furono chiamati a dirigere i reparti del piccolo ospedale, affluirono dai Comuni vicini molti pazienti; così che ben presto un solo padiglione divenne insufficiente. Nel 1911 fu costruito ex novo un padiglione per la sola chirurgia e nel 1925 un altro padiglione per la medicina.
L'antico fabbricato venne destinato a Ricovero, che, essendo contiguo ai nuovi padiglioni, naturalmente usufruisce di tutti i servizi ospedalieri.
Molti benefattori hanno seguito il munifico esempio del fondatore.
Lo attestano i nomi incisi su due lapidi che portano in alto lo stemma raffigurante la « mano araldica », che vuol significare che la carità è aperta a tutti (patet omnibus). Però tale stemma non è più adoperato dall'Ospedale dal 1938, cioè dopo il decentramento dall'ECA.
Ciò a differenza dell'Ospedale di Sassuolo, che ancora la uso dell'antico stemma, che è tuttora quello dell'Ospedale di Modena.
L'Ospedale di S. Felice va progressivamente aumentando la sua capacità e l'attrezzatura per la sua recente, ma già ben radicata tradizione di ottima cura ed assistenza.

(19) COSTA GIANI PIETRO - Memorie storiche di San Felice sul Panaro - Modena, Tipografia Sociale, 1890.
(20) TIRABOSCHI GEROLAMO - Dizionario Topografico-Storico degli Stati Estensi. Tomo I, pago 279 e passim. - Modena, presso la Tipografia Camerale, MDCCCXXIV.


10^ Tappa - SASSUOLO - Ospedale Civile

Un Ospedale per Pellegrini, detto di S. Maria e S. Giorgio, esisteva in Sassuolo prima del 1427, poiché, scrive il TIRABOSCHI (21), nel detto anno Ugolino da Manzano, Sassolese, nel suo testamento lascia Laborerio hospitalis Sanctae Mariae de Saxolo extra castrum unam operam bonam pro anima sua. Un altro lascito viene fatto nel 1440 da Paolo Teggia, che, con suo testamento, dona Laborerio hospitalis S. Mariae albergatorum de' Saxolo libras tres marchionales pro anima sua”.
Secondo una lettera di Ercole I, in data l Marzo, 1489, l'ospedale sarebbe stato fondato dagli antenati di Andre de Gratia, di Sassuolo, la cui famiglia fu poi chiamata de' Bertoi.
Mons. PROSPERO SCURANI (22), nel suo prezioso manoscritto, facendo la storia delle Chiese esistenti e soppresse di Sassuolo - che fa parte della Provincia di Modena, ma che appartiene alla Diocesi di Reggio Emilia - ci permette di seguire le sorti del primitivo ospedale, che cambiò ripetutamente sede.
Esso trovavasi presso la Chiesa di S. Giuseppe, in una casa che fu trasformata in convento per i Padri Serviti, introdotti a Sassuolo nel 1499. Dovette perciò esulare e nel 1506 fu trasportato presso la Chiesa" ora Soppressa, di S. Stefano.
Poi la Comunità, che ne era patrona, nel 1601 lo fece fabbricare presso la Chiesa di S. Anna e nel 1610 lo affidò alle cure dei Padri Cappuccini.
L'Ospedale ospitava allora per tre giorni i pellegrini senza obbligo di somministrare il vitto; doveva anche distribuire elemosine ai poveri delle Ville di Braida, S. Polo e Cinque Fonti.
Nel 1753 la Comunità di Sassuolo, che aveva diritto di nominare il Rettore dell'Ospedale, ottenne di trasformarlo da ospedale per pellegrini in ospedale per infermi dal Pontefice Benedetto XIV che, con rescritto dato a Roma il 23 gennaio 1753 permise che i beni dell'antico ospedale fossero assegnati al nuovo scopo.
Il Duca Francesco III, con suo chirografo datato da Sassuolo 15 aprile 1753, confermò la conversione dell'Ospedale, e, per formarne il patrimonio, si valse dei legati fatti da Giberto Paffi, ultimo di una delle più antiche famiglie di Sassuolo (23). L'Ospedale venne allora affidato ad un’Amministrazione composta dal Prevosto, dal Podestà e da un Amministratore locale. Così riferisce LUIGT CAVOLI nel suo manoscritto conservato nell'Archivio parrocchiale di Sassuolo (24).
Nel 1801 l'Ospedale subì l'ultimo trasferimento: fu trasportato nel soppresso monastero di S. Chiara, donde erano state sloggiate le monache 12 anni prima. La costruzione del monastero era stata iniziata nel 1610 e la Chiesa di S. Chiara solennemente benedetta il 1 Luglio 1614.
L'attuare Ospedale possiede poche tracce dell'antico monastero, poiché ha subìto notevoli trasformazioni adeguandosi alle esigenze di una moderna tecnica ospedaliera era sotto l'impulso di una vigile amministrazione. E per di più sono state aggiunte nuove fabbriche per dare soprattutto ai reparti chirurgico e ginecologico un'attrezzatura corrispondente alle moderne necessità.
Soltanto la Chiesa, a tre altari, ha sempre la sua forma antica, propria delle chiese delle monache claustrali. Essa è governata dal Cappellano dell'Ospedale.
Lo scopo dell’Ospedale, quando venne istituito con decreto ducale nel 1753, era Il ricovero e la cura degli infermi poveri del Comune di Sassuolo e, in caso di urgenza, dei forestieri privi di mezzi. Ora l'Ospedale accoglie, dietro pagamento, infermi di ogni categoria, privati o assistiti da qualsiasi Ente.
E' interessante notare che lo stemma dell'Ospedale raffigura la palma e le dita estese della mano destra (mano araldica). Nel manoscritto del CAVOLI sono riportati numerosi stemmi, tra cui quello dell'Ospedale, uguale allo stemma dell’Ospedale di Modena: mano araldica col motto umanitario «patet omnibus» (è aperto a tutti) e le caratteristiche trivelle modenesi.

PAOLO FORNI (25) ci illumina sull'origine di questo stemma, che risale al periodo del Duca Francesco III, lo stesso che istituiva l'Opera Pia Generale di Modena e l'Ospedale per infermi di Sassuolo.
(21) TlRABOSCHI GEROLAMO -Dizionario Topografico-Storico degli Stati EstensL Tomo lI, pago 321. - Modena, presso la Tipo,grafia Camerale, MDCCCXXV.
(22) SCURANI Mons. PROSPERO - Le Chiese di Reggio Emilia e Diocesi. VoI. V, pag. 30 - Manoscritto presso la Chiesa di S. Agostino di Reggio Emilia.
(23) VIGNOCCHI FRANCESCO - Instituti di beneficenza e previdenza. - « L'Appennino Modenese», pag 647. - Licinio Cappelli, editore, 1895.
(24) CAVOLI LUIGI - Raccolta di documenti ed altro riguardanti la Nobil Terra di Sassuolo. - Manoscritto presso la Chiesa Parrocchiale di Sassuolo.
(25) FORNI PAOLO - Lo- stemma dell'Ospedale di Modena - « Atti del Primo Congresso Italiano di Storia Ospitali era », 1957 - Soc. Ed. AGE, Reggio Emilia.

11^ Tappa - SPILAMBERTO - Ospedale “Francesco Roncati”

L'istituzione dell'Ospedale di Spilamberto risale ad epoca non precisabile, ma molto remota.
Il TIRABOSCHI (26) ci fa sapere che la Chiesa di S. Bartolomeo di Spilamberto era soggetta alla Badìa di Nonantola, alla cui spirituale giurisdizione apparteneva allora Spilamberto.
Alla Chiesa era annesso un ospedale, di cui la più antica notizia è in una carta nonantolana del Dicembre 1162, nella quale «fra i beni dati dall'Abbate Alberto a livello» si fa cenno di quelli «in loco Castilione prope ospitale Spinalamberti de supra».
L'ospedale doveva essere ben dotato, poiché dal processo contro l'Abate Bonifacio del 1200, si apprende che nell’ospedale già risiedevano due monaci con chierici, conversi e inservienti che potevano disporre di un cavallo, di buoi e di diversi armenti.
Avendo il prodigo Abate malamente impiegate le rendite, nel 1200 lo spedale era ridotto in tale stato da non potere mantenere un solo chierico. Ma presto le sue sorti economiche si rialzarono, come appare da un Breve di Innocenzo III del 22 novembre 1213.
L'Ospedale di Spilamberto, secondo documenti del 1313 e 1347, dipendeva dall'Ospedale di Val di Lamola, fondato da S. Anselmo presso Fanano nel 751 e da lui dotato di cospicui beni.
Nel 1562, cioè sei anni prima che la Badia cedesse al Vescovo di Modena la sua Chiesa di Spilamberto, si hanno ancora notizie dell’ospedale che vi era annesso.
Passato il paese sotto la dipendenza dei Vescovi di Modena, nel 1568, I'ospedale venne affidato all'amministrazione della Confraternita di S. Maria degli Angeli, i cui confratelli avevano nel loro statuto I'obbligo di prestarsi gratuitamente per la cura degli infermi.
Non si conosce l'anno in cui l'ospedale ha raggiunto l'attuale sede, che è attigua alla Chiesa della Confraternita.
Una lapide all'ingresso dell'Ospedale ci fa sapere che qui la pietà del sodalizio già nel XV secolo aveva eretto uno xenodochio, che fu ampliato e ridotto ad ospedale per i poveri di Spilamberto nel 1795.
Si può logicamente pensare che l'antico ospedale benedettino, passato ai confratelli di S. Maria degli Angeli, sia stato trasferito nel loro xenodochio.
Soppressa la Confraternita nel 1798, l'ospedale venne spogliato di quasi tutte le sue rendite .
L'Ospedale di Spilamberto, nonostante i restauri del 1906 e del 1925, è tuttora di modeste proporzioni. Tuttavia può ospitare in ambienti decorosi ed igienici due infermerie: una per uomini e una per donne.
L'Ospedale è dedicato a Francesco Roncati (1832-1906), nativo di Spilamberto, che fu professore, prima di igiene e di medicina legale poi di psichiatria, nell'Università di Bologna, e che nel 1867 occupò il posto di medico direttore nell'Ospedale psichiatrico provinciale di Bologna, che è appunto intitolato al Roncati.
Annessa all'Ospedale “Roncati», dal 1922 sorge la Casa di Riposo per vecchi ed invalidi. E' il monumento che Spilamberto ha eretto ai Caduti della prima guerra mondiale. Pleonastico segnalare che l’ospedale risulta dismesso

(26) TIRABOSCHI GEROLAMO - Storia dell'augusta Badia di S, Silvestro di Nonantola. In Modena, presso la Società 'I'ìpografica, MDCCLXXIV. Tomo I, p, 308.


12^ Tappa – VIGNOLA - Ospedale

Non si conosce l'origine dell'Opera Pia Ospedale di Vignola.
Il TIRABOSCHI accenna ad un ospedale che esisteva alla fine del XVI secolo « come raccogliesi dal Catasto ».
Ho letto, fra i documenti dell’Ospedale, una lettera del Direttore dell'Archivio di Stato dì Modena. La lettera è in data 16 marzo 1956 ed è diretta alla Prefettura di Modena. Le notizie erano state richieste per il decentramento dell'Ospedale, avvenuto nel 1957.
Il Direttore dell'Archivio scrive: “ Non si conosce con esattezza da chi sia stato istituito l'Ospedale di Vignola. Si vuole tuttavia che l’Istituzione sia opera della famiglia Contrari, che teneva il feudo prima dei Buoncompagni.
Si ha notizia sicura dei libri d'amministrazione dell'Opera Pia Ospedale a cominciare dal 1624; ma è indubbio che essa sia sussistita ed abbia iniziato a funzionare ben prima (27).
L'Ospedale che ha preceduto l'attuale funzionava come infermeria per malati acuti ed aveva sede in una grand'e casa contigua all'abside della Chiesa parrocchiale.
Verso la fine della seconda guerra mondiale, nel 1944, l'Ospedale venne trasferito nell'attuale fabbricato, prima adibito alle scuole di avviamento.
La sede più ampia e la moderna attrezzatura fanno affluire gli ammalati che provengono, "oltreché dal Comune di Vignola, da altri cinque popolosi Comuni. Così l'Ospedale è sempre affollato di malati, che vi trovano cure e assistenza adeguate.
Unito all'Ospedale è un reparto per vecchi ed inabili del Comune di Vignola. Questo Ricovero rientra negli scopi più remoti dell’Istituzione.

(27) Archivio dell'Ospedale di Vignola.


13^ Tappa - Modena

Nella Provincia di Modena sono distribuiti dodici Ospedali. Nel Capoluogo esistono poi, oltre l'Ospedale - già illustrato da PADRE GATTI (28) - le Cliniche Universitarie alle quali possono convergere i casi più difficili e più rari.
Ospedale e Cliniche della città di Modena sono ora in attesa di una nuova grande e maestosa sede, che rappresenterà un fondamentale progresso per la cura e l'assistenza dei malati e sarà fonte di nuovi mezzi per l'insegnamento universitario.
Il Policlinico di Modena
Però l'attività sanitaria periferica costituirà sempre una necessità a cui le Istituzioni che ho ricordato corrispondono già in modo assai degno.
Non e’ tempo adesso di visitare il nuovo maestoso Ospitale modenese, sarà per il prossimo viaggio e intanto io e Maria Bertolani Del Rio ci ossequiamo per il meritato riposo.
(28) Gatti P. Evaristo – L’Ospedale di Modena e la sua Parrocchia. Notizie storiche – Parma Officina Grafica Freshing , 1928



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