venerdì 4 febbraio 2011

1937 - Progetto Ettore Rossi - Colonia Montana a Rojo - L'Aquila - 1937

1937 - Colonia Montana IX Maggio progettata dall’architetto Ettore Rossi e inaugurata il 27 luglio 1937 - Rojo - L'Aquila
L'attuale facolta’ di Ingegneria dell’Aquila e’ situata a Montelupo di Roio e trova sede, insieme ad altri edifici costruiti pero’ nel dopoguerra, nell’edificio della Colonia Montana IX Maggio progettata dall’architetto Ettore Rossi e inaugurato il 27 luglio 1937.
In seguito al terremoto l’edificio presenta un quadro di danno medio-grave (D2-D3), non presenta danni evidenti sulla struttura portante nel suo complesso anche considerando che gli elementi strutturali risultano ancora coperti dagli intonaci.
Altri edifici di Facolta’ risultano avere danni ben piu’ gravi.
E bravo l’architetto Rossi!
La colonia “9 maggio” per la Gente del Mare di Ettore Rossi
Costruita nel 1937 a dieci km dall'Aquila, la colonia, realizzata a 970 metri di altitudine, è apprezzata all'epoca della sua realizzazione come esempio di "sana e semplice costruzione... che si inserisce ottimamente nella letteratura internazionale delle colonie di montagna e fa figurare bene il nostro Paese" (Giuseppe Pagano, 1937).
Nell'organizzazione dell'edificio Ettore Rossi, già noto per la nutrita partecipazione in concorsi per ospedali (Viterbo, Modena e Bolzano), conferma la sua alta competenza di progetti sia di complesse attrezzature per la collettività.
A Rojo, Rossi progetta la colonia montana in un unico corpo di fabbrica - scelta consueta in quegli anni - nonostante il sito a disposizione fosse caratterizzato dall'estensione di vasti prati. Scrive Mario Labò nel 1941: "che il fabbricato unico prevalga nelle colonie montane, in confronto dei villaggi ... , sul mare, è prevedibile, stante la difficoltà di trovare in montagna, ed anche in collina, spazi i pianeggianti molto estesi... per un fabbricato unico si è pur deciso Ettore Rossi nella colonia di Poggio di Rojo per quanto il terreno piano non gli mancasse; essendo anzi invidiabile questa colonia per i grandi prati cintati che può offrire ai suoi ospiti".
Voluto dall’"'Ente Assistenza Gente del Mare", l'edificio è progettato per ospitare circa 500 bambini, nelle due distinte sezioni, maschile e femminile, in cui è articolato.
Ha quattro piani sollevati sul pian terreno e una forma allungata doppiamente inflessa per consentire l'esposizione più razionale anche nel periodo invernale.
Al pian terreno, oltre l'atrio, sono collocati gli uffici, le sale da pranzo dei dirigenti, i refettori e le palestre che si aprono all'esterno in due spazi perticati ... I tre piani superiori accolgono le camerate, ciascuna di 36 letti, pensate come unità autonome dotate di servizi distinti e di una camera per l'assistente.
Tra i gruppi di dormitori si trovano le sale da studio e biblioteca. Il quarto piano è una loggia continua con due piccoli ambienti chiusi, l'ambulatorio el'infermeria. Funzionante per l'intero anno, la colonia nasce provvista di tutte le dotazioni
per una gestione autonoma e continua: cucine, lavanderia, centrale termica,
impianti di riscaldamento, di produzione per l'acqua calda e di energia elettrica, sistemati nel seminterrato.
Sul piano costruttivo la struttura portante è in cemento armato di tipo antisismico. Pregevoli, ed apprezzati, sono anche gli esiti raggiunti sul piano formale. Nella realizzazione - nota lo stesso Pagano - "l'architetto ha dato anche una buona dimostrazione di gusto moderno nell'elegante ritmo della partitura delle finestre, nel taglio del loggiato all'ultimo piano, nel morbido movimento della facciata. Questi risultati di eleganza artistica sono stati ottenuti senza ricorrere a materiali costosi o impropri. Non esistono decorazioni superflue né marmi o pietre lavorate. Ci si trova di fronte a una costruzione sana, bene ordinata, arredata con senso pratico e con materiali solidi e duraturi".
(Cristiana Marcosano Dell'Erba)
Dati tecnici
Volume edificio: mc 31.000
Area coperta: mq 1.600
Capacità: 432 bambini
Riferimenti bibliografici
G. PAGANO, Una colonia montana, "Casa bella" 116,1937
Colonia montana a Pineta di Rojo, "Case d'oggi", agosto 1938
Convalescenzario Edison a Suna e Colonia '9 maggio' a Rojo. In Edilizia moderna". 34-35- 36,1940
M. Laso (a cura di); Le Colonie montane, "Costruzioni Casabella", 168, 1941
A.Pica. Architettura moderna in Italia, Milano 1941
AA.VV. (a cura di), Itinerario con rovine. Ventotto Colonie da visitare, "Domus" 659, 1985
S. DE MARTINO, A WAlL (a cura di), Cities 01 Childhood. Italian Colonies of the 1930s, London 1988

Il Caso-Studio – La colonia montana a Poggio di Roio diventata sede della Facoltà di Ingegneria dopo il terremoto
Aldo Benedetti
Tra le macerie del post-terremoto, la colonia realizzata nel 1937 sulla collina di Roio pone l'urgenza del pieno recupero dell'originario valore architettonico e paesaggistico come baluardo moderno.
Apprezzato all'epoca per il sapiente rapporto con il paesaggio montano e la razionalità delle scelte costruttive, l'edificio, utilizzato solo per un breve periodo come colonia, viene convertito nel dopoguerra in Facoltà di ingegneria. Il cambio di destinazione comporta numerose ed inevitabili modifiche, seguite da ulteriori pesanti manomissioni che hanno alterato i delicati equilibri d'origine tra massa edificata e contesto.
Sull'insieme di queste strutture le scosse hanno inflitto danni profondi, ma di natura e peso diverso nelle varie parti.
La difficoltà di porsi in sintonia con i portati culturali della Modernità ha segnato l'evoluzione dell'impianto urbano e dello sviluppo architettonico della città dell'Aquila. Si tratta di un fenomeno storico le cui cause sono ascrivibili alla condizione d'isolamento geografico e di marginalità economica che ha contraddistinto la storia della città a partire dal disastroso terremoto del 1703. Ma è dopo l'Unità d'Italia che questi segnali si mostrano con maggiore evidenza allorché le principali trasformazioni sono state poste in atto con alcuni decenni di ritardo rispetto ad altri importanti centri della penisola e ricalcando frusti modelli desunti dai già datati interventi che l'Italia postunitaria aveva adottato sul territorio nazionale.
Si tratta di operazioni per lo più promosse dall'amministrazione statale e largamente indifferenti a quella che enfaticamente veniva definita "cultura della città" indirizzata, invece, verso percorsi dal carattere provinciale più tradizionali e rassicuranti.
La stessa presenza del movimento moderno appare non solo piuttosto esigua nei numeri e nell'incidenza delle scelte progettuali, ma anche poco accettata dal contesto culturale ed affidata, per lo più, a professionisti dell'area romana che rispondevano a committenze pubbliche e solo in maniera assai puntuale alle richieste di privati cittadini. E' in questo clima, certamente non favorevole, che vengono portati a compimento alcuni manufatti meritevoli di essere menzionati in un’ipotetica, quanto scarna, guida dell'architettura del Novecento aquilano. Fra questi può comparire la Colonia per i Figli del Mare, convertita in facoltà di Ingegneria a cavallo fra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta.
Brevemente utilizzata e ben presto abbandonata, l'opera di Ettore Rossi apparve congeniale ad ospitare le funzioni universitarie in precedenza situate nel centro storico. Le opere di trasformazione vennero condotte su progetto di Leonardo Del Bufalo, all'epoca direttore dell'Istituto di Architettura e Urbanistica. Le necessità funzionali comportarono alcune sfortunate modifiche di cui le più visibili riguardarono tanto la parte sommitale che quella basamentale.
Il solarium, che caratterizzava fortemente l'assetto architettonico della struttura, venne completamente coperto e chiuso per ospitare aule e uffici. L'eleganza del disegno originario fu, in tal modo, molto appesantita da un'addizione che, per quanto configurata attraverso vetrate continue e struttura di acciaio, proponeva una copertura con tetto a due falde ribassate concluso, sulle brevi estremità, da testate a padiglione. Inoltre un'alta cornice di bordo, in acciaio corten, accentuava il senso di estraneità del nuovo intervento alla sintassi espressiva dell'organismo originale. Meno appariscenti ma ugualmente sostanziali sono stati gli interventi nella parte basa mentale, e in particolar modo sui lati più corti, dove gli spazi sottostanti alla lunga pensilina a sbalzo, che segna l'edificio in tutta la sua lunghezza e oltre, sono stati anche qui chiusi, producendo sensibili alterazioni. L'originario sottile disegno della pensilina fu ugualmente pregiudicato dal massiccio inserimento di un cornicione di bordo, anch'esso in acciaio corten, analogo a quello dell'ultimo piano. Questi interventi sono stati ben presto seguiti da ulteriori, e più invasive, manomissioni come quelle dell'aggiunta di un doppio corpo cilindrico di aule in cemento a vista, brutalmente accostate al fronte nord. Ancora ad opera di Leonardo Del Bufalo, tale addizione dichiarava un'accentuata differenza rispetto all'organismo originario, senza apportare un significativo beneficio architettonico e funziona le. Se le precedenti operazioni si erano limitate a modifiche tutte contenute all'interno della geometria dell'involucro primigenio, queste nuove aule inauguravano una mediocre stagione di proliferazioni edilizie più o meno casuali, come capannoni, volumi tecnici e laboratori nonché un alloggio per il custode, compromettendo l'integrità del manufatto e del suo spazio circostante. Concepita originariamente come un'unità architettonica e paesaggistica, l'opera di Ettore Rossi segnava il limite, quasi sull'acrocoro della collina di Roio, tra la parte meridionale, tuttora priva di vegetazione arborea, e il versante a nord, dove insiste una fitta pineta.
La qualità dell'edificio risiedeva, tra l'altro, nella chiara leggibilità dell'oggetto architettonico che si stagliava sullo sfondo boscoso preceduto da due piccoli padiglioni. Propilei, questi, antistanti il lungo viale d'accesso tracciato ad affermare l'impostazione assiale d'insieme comprendente la sistemazione dell'ampio parterre a sud; sorta di astratto piano orizzontale. E del resto le immagini originali dell'edificio mostrano suggestivamente la relazione di questo con il suolo di pertinenza e con il contesto rurale subito a ridosso dell'area della Colonia.
Purtroppo fin dagli anni Settanta un'incoerente cortina di alte piante sempreverdi fu collocata davanti al fronte meridionale del fabbricato schermandolo e negando ne, in tal modo, la completa e distante percezione visiva al contrario di quanto suggerito dall'impianto di Ettore Rossi.
La casualità delle nuove aggiunte rendeva esplicita una necessaria pianificazione delle modalità di sviluppo futuro e, infatti, a metà degli anni Ottanta, veniva condotta un'estesa ristrutturazione, ancora una volta portatrice di modifiche all'immagine dell'edificio originario. Ad esempio il doppio strato di serra menti in ferro, che disegnava una delicata trama di maglie rettangolari, a sviluppo orizzontale, venne rimosso e sostituito da più banali e pesanti infissi con telai in alluminio a doppia specchiatura e serrande in pvc.
La necessità di nuovi spazi per la didattica impose, dunque, il programma dell'ampliamento della facoltà di Ingegneria attraverso un nuovo, più organico complesso concepito per ridefinire architettonicamente i limiti di un'area da trasformare compatibilmente con le esigenze funzionali, ambientali e paesaggistiche. Il progetto di Giulio Fioravanti e Gian Ludovico Rolli ridisegnava, così, la cittadella universitaria rivedendo una precedente e più controversa proposta.
I danneggiamenti a seguito del terremoto del 6 aprile 2009 hanno lasciato profonde ferite sull'insieme dell'aggregato, seppur con esiti diversi nelle varie parti costituenti in ragione delle diverse modalità costruttive, della qualità dell'esecuzione e dei materiali posti in opera. L'edificio della Colonia sembra aver resistito con maggior efficacia alle sollecitazioni provocate dalle numerose scosse rispetto agli altri fabbricati che hanno subito danni più appariscenti.
Si pone, ora, la questione, grave e centrale, del recupero del bene architettonico, dei modi d'uso e del restauro. Le vicende storiche sommariamente tracciate, assieme al mantenimento delle funzioni universitarie, suggeriscono radicali interventi di rilettura critica sia alla più circoscritta dimensione edilizia che in quella più ampia del sistema ambientale e paesaggistico al fine di evitare disorganiche quanto riduttive operazioni settoriali.
Il restauro architettonico non potrà non tener conto dell'inserimento in uno spazio ora alterato da tali incongruenti intromissioni da rendere necessarie alcune inevitabili rimozioni e demolizioni.
La validità strutturale dell'edificio dovrà sicuramente tener conto dell'assetto delle membrature, consolidandole opportunamente specie laddove in tempi anche recenti l'adeguamento alle normative di accessibilità e sicurezza ha dato luogo a disinvolte quanto insensibili interferenze che hanno sconvolto alcuni degli spazi interni più interessanti. Ad esempio gli ariosi e plastici invasi delle due scale laterali sono stati occlusi, in maniera inopinata, dall'opacità di un intervento tecnico che ha inserito la colonna degli ascensori nell'ampio spazio della tromba occludendone la spazialità e, finanche, rovinando l'integrità della struttura portante, intaccata sui pianerottoli d'arrivo, per consentire un più facile montaggio dell'apparecchiatura.
Le indagini diagnostiche chiariranno l'entità dei danni che per ora sembrano circoscritti alle sole parti visibili a occhio nudo, scarnificate dal distacco parziale e localizzato degli intonaci. In questi punti emerge lo stato della struttura intelaiata in cemento e del consistente spessore di tamponamento, che sembrerebbe aver contribuito con efficacia alla solidità del sistema. Più problematiche appaiono le relazioni tra le solette della scala centrale e i relativi muri d'ambito e ancora molto c'è da verificare circa i rapporti tra la struttura d'acciaio situata in copertura e ancorata a quella originale ad essa sottostante.
A fronte, quindi, di un progetto specifico di consolidamento e restauro strutturale bisognerà valutare il mantenimento delle funzioni dipartimentali, finora ospitate nell'edificio, auspicando per esso un possibile ripristino di tipo ricettivo volto non più ai "figli del mare" ma da destinare a studenti e docenti. Infatti, una delle più gravi emergenze dell'università aquilana è sempre stata quella dell'offerta istituzionale di alloggi, resa oggi ancor più drammatica dagli effetti del terremoto che ha cancellato ogni dotazione utilizzabile.
Le differenti scale di progettazione dovranno, altresì, essere estese al recupero della parte più recente della Facoltà al restauro ambientale dell'intorno, ristabilendo una completa fruibilità dei percorsi fra l'edificio e la pineta, recuperando così un rapporto significativo ed equilibrato con il luogo.
Giornale 25/2009 do.co.mo.mo.

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